Archivio Marzo 2012

Corso di comunicazione e giornalismo

Corso intensivo e residenziale sulla comunicazione giornalisitica su varie piattaforme, con un’attenzione specifica al web. E’ questa l’opportunità offerta da COSPE e ANSI – Associazione Nazionale Stampa Interculturale a 10 giovani stranieri/e e figli/e di migranti residenti in Italia.

Il corso ha la durata di 24 ore, dalle ore 15 di venerdì 13 alle ore 13 di lunedì 16 aprile e ai/alle partecipanti viene offerto il rimborso totale delle spese di viaggio, vitto ed alloggio a Firenze.

Il percorso si baserà su nozioni teoriche introduttive, esercitazioni pratiche e sull’elaborazione di prodotti editoriali, che saranno pubblicati sul sito web nazionale del progetto europeo media4us. Tre i moduli formativi: il primo è un’ introduzione al mondo dell’informazione e dei media, dalla nascita del primo giornale all’era del web, con focus tematico sul rapporto tra media potere e minoranze e sui media alternativi.

Il secondo è dedicato all’informazione e alla comunicazione sul web, sugli strumenti, il linguaggio, vantaggi e limiti, come organizzare l’informazione sul web e le regole redazionali da applicare fino agli aspetti giuridici e legislativi della web edition.

La terza parte è dedicata alla produzione di podcast e videocast, con esempi di varie tecnologie ed applicazioni ed esercitazioni pratiche.

Il percorso sarà curato da Karim Metref, formatore e giornalista, e Faustin Akafack, giornalista, esperto di comunicazione multimediale e Presidente di Felsimedia. Parteciperanno inoltre Pino Rea, LSDI – Libertà di Stampa Diritto all’ Informazione e un giornalista del free press nazionale METRO (in attesa di conferma)

Il corso è riservato ai/alle candidati/e di età compresa tra i 20 e i 29 anni e la scadenza per l’iscrizione è il 4 aprile 2012.

Tutte le informazioni per partecipare:

BANDO

SCHEDA DI ISCRIZIONE

PROGRAMMA

Per informazioni si può contattare la segreteria organizzativa di COSPE, scrivendo a info@mmc2000.net o chiamando il numero 055-473556.

Nessun commento

“C.I.E.: LA SOSPENSIONE DEL DIRITTO”

ASSEMBLEA PUBBLICA:

“C.I.E.: LA SOSPENSIONE DEL DIRITTO”

Un ragazzo tunisino di 21 anni muore in circostanze ancora da chiarire. Una donna, affetta da AIDS, viene rimpatriata con la falsa promessa di un trasferimento in una comunità. Due ragazzi, richiedenti protezione internazionale, vengono rimpatriati mentre la domanda d’asilo è ancora esaminata, in spregio a tutte le norme interne e internazionali.

L’aumento del tempo di permanenza nei CIE da 6 a 18 mesi moltiplica i casi di autolesionismo e di suicidio.

Le storie vengono raccontate solo se sensazionali ma per i CIE questa è la quotidianità.

Crediamo che sia quantomeno urgente aprire un percorso in città che, partendo dalla convinzione che i cie vadano aboliti, miri tanto a rendere pubbliche le condizioni di vita al loro interno quanto a costruire pratiche di lotta condivise.

Vengono qualificati come luoghi di “permanenza temporanea” ma in realtà si tratta di luoghi di vera e propria detenzione, in cui i diritti e il diritto restano “sospesi”.

Vere e proprie carceri anche se all’interno dei CIE non sono garantiti neppure i minimi diritti spettanti ai detenuti: un processo equo davanti a un giudice onorario, percorsi alternativi in luoghi protetti per chi presenta patologie, dipendenza, sieropositività.

Indifferentemente viene «detenuto» nei CIE chi ha subito violenza, chi ha trovato il coraggio di denunciare i propri aguzzini, chi ha lottato per i propri diritti, chi è malato, tossicodipendente, richiedente asilo e persino cittadini italiani naturalizzati che hanno avuto la sfortuna di dimenticare i documenti a casa.

L’unica opportunità di uscita da parte di chi è rinchiuso è vista attraverso il compimento di atti estremi.

I CIE vanno chiusi. La Turco-Napolitano e tutte le leggi successive vanno abolite.

Ma i CIE ancora esistono, cominciamo a creare strumenti e prassi nuove per svuotarli.

Costruiamo un’assemblea pubblica per parlare di tutto questo, a partire dal contributo di chi ogni giorno incontra i reclusi nei CIE.

Associazione Interculturale Al – Sirat

Mercoledì 21 Marzo h 20.30

XM24 via Fioravanti 24 Bolognina

Nessun commento

Nessuno scandalo

I fatti accaduti recentemente a Bologna, con ben cinque poliziotti arrestati, quattro per rapina ai danni di migranti irregolari, e uno per concussione sessuale ai danni di diverse donne migranti, hanno innescato l’ennesima pruderie giornalistica, alla ricerca della vittima e della storia esemplare da raccontare. Certo, la notizia fa scalpore. Ci pare che ciò serva a riprodurre per l’ennesima volta l’immagine della mela marcia, per cui ogni volta che succede qualsiasi cosa che coinvolge organi dello Stato, subito ci si affretta a trovare lo scandalo, indicare i colpevoli, per far sì che nulla cambi. Vorremmo allora chiarire alcune cose: non c’è nessuno scandalo in quanto sta accadendo, almeno che le anime belle non pensino che possano esistere leggi come la Bossi-Fini e luoghi come i CIE e poi tutto funzioni civilmente. Lo scorso anno, il 25 giugno, denunciammo ancora una volta l’arbitrio amministrativo prodotto dalla legge Bossi-Fini e dall’insieme delle norme che pretendono di regolare le vite dei migranti, chiamandolo razzismo istituzionale. Il 25 giugno decine di migranti, protagonisti di tante lotte in questi anni, organizzarono un presidio e pretesero di incontrare i vertici degli stessi uffici cui appartengono alcune delle persone arrestate. Allora denunciavamo comportamenti spesso fuori luogo, arroganti e maleducati nei confronti dei e delle migranti, trattati come bambini da funzionari che a volte non sanno nemmeno cosa devono fare. Allora come oggi, vogliamo ribadire che finché si inseguiranno le mele marce, nulla cambierà. La mela marcia si chiama Bossi-Fini, come dimostrano altri casi che accadono quotidianamente e che producono ogni volta un nuovo scandalo. Come Andrea e Senad, i due ragazzi rinchiusi nel CIE di Modena, nati e cresciuti in Italia ma stranieri a casa propria a causa delle norme sulla cittadinanza. Quelle stesse norme che il primo marzo in centinaia a Bologna abbiamo detto che devono cambiare, garantendo a tutti i figli di migranti una cittadinanza immediata e senza condizioni. Non ci interessano nuove condizioni, magari più favorevoli, come vorrebbero alcune campagne attualmente in atto. Non sono queste condizioni che permettono alle mele marce di ricattare doppiamente i migranti e tre volte le donne migranti? Non è la condizione di clandestinità che permette ad altre mele marce di derubare migranti sapendo che una denuncia può comportare la reclusione nei CIE? Non è la stessa condizione che impedisce a tante donne come Adama di denunciare i loro stupratori? Noi ci chiediamo dov’è lo scandalo di fronte a questi episodi, se non nell’esistenza di luoghi nei quali, lo ripetiamo dal momento che ogni volta pare che non si sappia, uomini e donne innocenti sono rinchiusi per un solo motivo: non avere un titolo di soggiorno valido. Non è scandaloso che un datore di lavoro ricatti un lavoratore migrante, se esiste un contratto di soggiorno che, legando il permesso di soggiorno al contratto di lavoro, gli attribuisce questo potere.

Ci sono leggi che danno ad alcuni il potere di ricattare altri. Contro queste noi ci battiamo e continueremo a farlo. Agli altri lasciamo lo scandalo.

Coordinamento Migranti Bologna e Provincia

Laboratorio On The Move

Migranda

Scuola di italiano con migranti – Xm24

Associazione Al Sirat

Nessun commento

ILLEGANTE n°1 – Feb. 2012

View my profile on

Nessun commento

Assemblea contro le fabbriche della precarietà! – 10 Marzo 2012

Noi, operai, migranti, educatrici e operatori sociali ,

studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici precarie

Zarrak Abdelghani (Lavoratore Trans.Mec), Nadia Auzeak (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Davide Bacchelli (RSU FIOM IMA – Bologna), Matteo Battistini (Ricercatore precario), Marcello Capedri (psicologo, educatore senza titolo, precario), Valentina Caprotti (Studentessa di Scienze della Formazione, educatrice precaria), Massimiliano Cascio (educatore sociale), Francesco Chiesa (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Luca Cobbe (Ricercatore precario), Marinela Costantin (Migrante, precaria, madre), Massimo Don (Educatore precario), Enrico de Donà (assistenza informatica AUSL Bologna), Sara Farina (Assistente sociale SERT), Antonio Felice (RSU FIOM Bonfiglioli – Lippo di Calderara), Catia Filippo (laureata in filosofia, lavoratrice precaria censimento), Leonardo Giusti (lavoratore anarchico – USI), Peppe Gomini (RSU FIOM Ducati Motor), Giorgio Grappi (Ricercatore precario), Chiara Gregoris (Studentessa di Scienze della Formazione, educatrice sociale precaria), Ivan Ilisanti (RSU pubblico impiego San Giovanni in Persiceto), Dione Kadim (RSU FIOM Bonfiglioli – Calderara), Seck Maimona (Lavoratrice delle pulizie – ospedale Sant’Orsola – Bologna), Marcello Marano (insegnante precario), Chiara Marconi (Insegnante di italiano precaria), Orlando Maviglia (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Gianpietro Montanari (RSU FIOM-CGIL Cesab-Toyota – Bologna) Gianplacido Ottaviano (RSU FIOM Bonfiglioli – Calderara) Brahim Nadi (Migrante e precario) Babacar Ndiaye (Migrante e precario) Salah Ourahouane (Operaio Nigelli imballaggi – Sasso Marconi) Serafino Pirillo (RSU FIOM Bonfiglioli – Lippo di Calderara) Alessio Pittarello (RSU Ceva – Lippo di Calderara) Chiara Pozzi (Studentessa Servizi Sociali, educatrice, assistente sociale precaria) Raluca Ralanu (Operaia metalmeccanica) RSU Titan Italia – Bologna Andrea Rapini (ricercatore universitario) Paola Rudan (Ricercatrice precaria) Roberta Sarego (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno) Elisabetta Scigliano (Educatrice precaria) Bas Sene (Migrante e precario) Sokhna Sene (Lavoratrice servizi di ristorazione ospedale Rizzoli – Bologna), Federica Toscano (studentessa, insegnante della Scuola di italiano con Migranti), Milena Trajkovska (Studentessa, migrante, precaria), Francesco Tripodi (Educatore sociale), Sofia Venturoli (Ricercatrice precaria)

Contro le fabbriche della precarietà

 Vi chiamiamo a un’assemblea pubblica

Sabato 10 marzo 2012 alle ore 15

presso la Sala Benjamin del circolo Pavese

Via del Pratello 53 – Bologna

per adesioni: controfabbricheprecarieta@gmail.com

telefono: 327.57.82.056

Oggi la precarietà è uno stato di fatto: non è un’eccezione, una questione generazionale o contrattuale, ma è la regola generale che investe tutto il lavoro, dalle cooperative alle fabbriche, dalla formazione nelle scuole e nelle università ai servizi sanitari e sociali. La crisi economica sta infatti determinando un continuo gioco al ribasso sulla nostra vita, il nostro lavoro e il nostro salario: i precarizzatori chiedono piena disponibilità alle loro esigenze, mentre diventa sempre più difficile organizzarsi e lottare dentro e contro la precarietà.

Contro questa condizione, abbiamo deciso di prendere parola. Non partiamo da zero, ma dalla forza accumulata con lo sciopero del lavoro migrante del primo marzo degli scorsi due anni. Quelle giornate hanno mostrato che è possibile scioperare in modo incisivo unendo ciò che il razzismo e la precarietà vogliono dividere: il particolare ‘contratto separato’ che si chiama contratto di soggiorno per lavoro è una leva che, ricattando una parte dei lavoratori affinché accettino qualsiasi mansione e salario, serve per precarizzare tutti gli altri. Anche attraverso la Bossi-Fini, la precarietà è diventata la condizione generale del lavoro. Accanto alla Bossi-Fini, però, anche la fabbrica, il welfare e l’università sono altrettante fabbriche della precarietà.

A dispetto del contratto a tempo indeterminato e dell’articolo 18, in fabbrica non esistono posizioni sicure: la “razionalizzazione” degli stabilimenti, il continuo ricorso alla cassa integrazione, i licenziamenti e le delocalizzazioni vanno di pari passo con il tentativo di imporre politiche industriali che prevedono crescente flessibilità nell’orario, minori garanzie e diritti, incremento di produttività e conseguente aumento dell’intensità del lavoro. Fuori dalla fabbrica, la situazione è ancora peggiore e coinvolge tutti, dal pubblico al privato: il welfare è diventato precario perché precarie sono le persone che ci lavorano. Operatori ed educatori sociali, assunti da cooperative che ottengono appalti giocando al ribasso sui lavoratori e chiedendo loro piena disponibilità in termini di tempo e di dedizione, non possono che offrire servizi precari, così come precari sono i salari di chi sempre più spesso deve comprare questi stessi servizi (dall’asilo alle scuole, dai servizi sociali e sanitari, fino alla cura degli anziani). Anche l’università è diventata una fabbrica della precarietà: studiare costa sempre di più e si ottengono lauree che valgono sempre meno, ma diventano necessarie per accedere a lavori precari con salari sempre più bassi. Iniziare a fare ricerca significa sottoporsi a un lungo apprendistato, nel quale la precarità si mostra nella retribuzione, nelle condizioni di lavoro, nell’impossibilità di progettare il futuro proprio e delle proprie ricerche. Nelle fabbriche della precarietà, la precarietà è istituita, la flessibilità imposta e la povertà è una minaccia sempre presente.

Con questa crisi economica, la precarietà è dunque diventata una condizione globale che investe tutto il mondo del lavoro, isolando e dividendo lavoratori e lavoratrici, italiani e migranti, precari e presunti garantiti. Una condizione che funziona come un ricatto che rende difficili le forme tradizionali di lotta perché impedisce di comunicare, mentre obbliga a una stessa catena di montaggio che produce soltanto altra precarietà. La nostra sfida è perciò quella di far parlare tra loro lavoratrici e lavoratori attraversando le categorie sindacali e superando l’isolamento e le divisioni che servono soltanto ai precarizzatori: solo creando connessioni tra precari, operai, migranti e studenti all’interno delle fabbriche della precarietà è possibile amplificare la voce di ciascuno oltre le barriere contrattuali, di impiego e categoria. Per questo il 10 marzo, invitiamo tutti e tutte a un’assemblea pubblica contro le “fabbriche della precarietà” per aprire un percorso politico, nelle realtà sociali, nelle organizzazioni sindacali e in tutti i luoghi di lavoro, finalizzato alla costruzione dello sciopero precario, uno sciopero di precari, operai, migranti e studenti che sappia dare voce e unire quanti lottano quotidianamente contro la precarietà.

 

Guarda il video di lancio

Intervista ad Anna Rita, Operatrice sociale

“Un’unica cosa dovrebbero capire le persone, anche se non è facile, che in realtà abbiamo un potere enorme. Basterebbe che si fermasse l’80% dei lavoratori,
e si riuscirebbe a bloccare l’Italia e mettere in crisi il paese” Continua leggere

Ricordiamo inoltre che l’appello per l’assemblea Contro le fabbriche della precarietà del 10 marzo è stato aggiornato con nuove adesioni

http://fabbrichedellaprecarieta.wordpress.com 
connessioniprecarie.org

Nessun commento