Archivio per la categoria Progetti&Collaborazioni

On The Move – 1 Marzo 2012

 

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Permesso di soggiorno a punti?

Dal 10 marzo 2012 e’ entrato in vigore il permesso di soggiorno a punti: punti obbligatori sono assegnati in base alla conoscenza della costituzione e della cultura italiana.

Ma gli italiani e i nostri rappresentanti politici sanno queste cose? Sono nozioni fondamentali per ottenere il permesso di soggiorno?

Si ringrazia TELEIMMAGINI per collaborazione la realizzazione tecnica

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“C.I.E.: LA SOSPENSIONE DEL DIRITTO”

ASSEMBLEA PUBBLICA:

“C.I.E.: LA SOSPENSIONE DEL DIRITTO”

Un ragazzo tunisino di 21 anni muore in circostanze ancora da chiarire. Una donna, affetta da AIDS, viene rimpatriata con la falsa promessa di un trasferimento in una comunità. Due ragazzi, richiedenti protezione internazionale, vengono rimpatriati mentre la domanda d’asilo è ancora esaminata, in spregio a tutte le norme interne e internazionali.

L’aumento del tempo di permanenza nei CIE da 6 a 18 mesi moltiplica i casi di autolesionismo e di suicidio.

Le storie vengono raccontate solo se sensazionali ma per i CIE questa è la quotidianità.

Crediamo che sia quantomeno urgente aprire un percorso in città che, partendo dalla convinzione che i cie vadano aboliti, miri tanto a rendere pubbliche le condizioni di vita al loro interno quanto a costruire pratiche di lotta condivise.

Vengono qualificati come luoghi di “permanenza temporanea” ma in realtà si tratta di luoghi di vera e propria detenzione, in cui i diritti e il diritto restano “sospesi”.

Vere e proprie carceri anche se all’interno dei CIE non sono garantiti neppure i minimi diritti spettanti ai detenuti: un processo equo davanti a un giudice onorario, percorsi alternativi in luoghi protetti per chi presenta patologie, dipendenza, sieropositività.

Indifferentemente viene «detenuto» nei CIE chi ha subito violenza, chi ha trovato il coraggio di denunciare i propri aguzzini, chi ha lottato per i propri diritti, chi è malato, tossicodipendente, richiedente asilo e persino cittadini italiani naturalizzati che hanno avuto la sfortuna di dimenticare i documenti a casa.

L’unica opportunità di uscita da parte di chi è rinchiuso è vista attraverso il compimento di atti estremi.

I CIE vanno chiusi. La Turco-Napolitano e tutte le leggi successive vanno abolite.

Ma i CIE ancora esistono, cominciamo a creare strumenti e prassi nuove per svuotarli.

Costruiamo un’assemblea pubblica per parlare di tutto questo, a partire dal contributo di chi ogni giorno incontra i reclusi nei CIE.

Associazione Interculturale Al – Sirat

Mercoledì 21 Marzo h 20.30

XM24 via Fioravanti 24 Bolognina

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Assemblea contro le fabbriche della precarietà! – 10 Marzo 2012

Noi, operai, migranti, educatrici e operatori sociali ,

studenti e studentesse, ricercatori e ricercatrici precarie

Zarrak Abdelghani (Lavoratore Trans.Mec), Nadia Auzeak (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Davide Bacchelli (RSU FIOM IMA – Bologna), Matteo Battistini (Ricercatore precario), Marcello Capedri (psicologo, educatore senza titolo, precario), Valentina Caprotti (Studentessa di Scienze della Formazione, educatrice precaria), Massimiliano Cascio (educatore sociale), Francesco Chiesa (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Luca Cobbe (Ricercatore precario), Marinela Costantin (Migrante, precaria, madre), Massimo Don (Educatore precario), Enrico de Donà (assistenza informatica AUSL Bologna), Sara Farina (Assistente sociale SERT), Antonio Felice (RSU FIOM Bonfiglioli – Lippo di Calderara), Catia Filippo (laureata in filosofia, lavoratrice precaria censimento), Leonardo Giusti (lavoratore anarchico – USI), Peppe Gomini (RSU FIOM Ducati Motor), Giorgio Grappi (Ricercatore precario), Chiara Gregoris (Studentessa di Scienze della Formazione, educatrice sociale precaria), Ivan Ilisanti (RSU pubblico impiego San Giovanni in Persiceto), Dione Kadim (RSU FIOM Bonfiglioli – Calderara), Seck Maimona (Lavoratrice delle pulizie – ospedale Sant’Orsola – Bologna), Marcello Marano (insegnante precario), Chiara Marconi (Insegnante di italiano precaria), Orlando Maviglia (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno), Gianpietro Montanari (RSU FIOM-CGIL Cesab-Toyota – Bologna) Gianplacido Ottaviano (RSU FIOM Bonfiglioli – Calderara) Brahim Nadi (Migrante e precario) Babacar Ndiaye (Migrante e precario) Salah Ourahouane (Operaio Nigelli imballaggi – Sasso Marconi) Serafino Pirillo (RSU FIOM Bonfiglioli – Lippo di Calderara) Alessio Pittarello (RSU Ceva – Lippo di Calderara) Chiara Pozzi (Studentessa Servizi Sociali, educatrice, assistente sociale precaria) Raluca Ralanu (Operaia metalmeccanica) RSU Titan Italia – Bologna Andrea Rapini (ricercatore universitario) Paola Rudan (Ricercatrice precaria) Roberta Sarego (RSU FIOM Motori Minarelli – Calderara di Reno) Elisabetta Scigliano (Educatrice precaria) Bas Sene (Migrante e precario) Sokhna Sene (Lavoratrice servizi di ristorazione ospedale Rizzoli – Bologna), Federica Toscano (studentessa, insegnante della Scuola di italiano con Migranti), Milena Trajkovska (Studentessa, migrante, precaria), Francesco Tripodi (Educatore sociale), Sofia Venturoli (Ricercatrice precaria)

Contro le fabbriche della precarietà

 Vi chiamiamo a un’assemblea pubblica

Sabato 10 marzo 2012 alle ore 15

presso la Sala Benjamin del circolo Pavese

Via del Pratello 53 – Bologna

per adesioni: controfabbricheprecarieta@gmail.com

telefono: 327.57.82.056

Oggi la precarietà è uno stato di fatto: non è un’eccezione, una questione generazionale o contrattuale, ma è la regola generale che investe tutto il lavoro, dalle cooperative alle fabbriche, dalla formazione nelle scuole e nelle università ai servizi sanitari e sociali. La crisi economica sta infatti determinando un continuo gioco al ribasso sulla nostra vita, il nostro lavoro e il nostro salario: i precarizzatori chiedono piena disponibilità alle loro esigenze, mentre diventa sempre più difficile organizzarsi e lottare dentro e contro la precarietà.

Contro questa condizione, abbiamo deciso di prendere parola. Non partiamo da zero, ma dalla forza accumulata con lo sciopero del lavoro migrante del primo marzo degli scorsi due anni. Quelle giornate hanno mostrato che è possibile scioperare in modo incisivo unendo ciò che il razzismo e la precarietà vogliono dividere: il particolare ‘contratto separato’ che si chiama contratto di soggiorno per lavoro è una leva che, ricattando una parte dei lavoratori affinché accettino qualsiasi mansione e salario, serve per precarizzare tutti gli altri. Anche attraverso la Bossi-Fini, la precarietà è diventata la condizione generale del lavoro. Accanto alla Bossi-Fini, però, anche la fabbrica, il welfare e l’università sono altrettante fabbriche della precarietà.

A dispetto del contratto a tempo indeterminato e dell’articolo 18, in fabbrica non esistono posizioni sicure: la “razionalizzazione” degli stabilimenti, il continuo ricorso alla cassa integrazione, i licenziamenti e le delocalizzazioni vanno di pari passo con il tentativo di imporre politiche industriali che prevedono crescente flessibilità nell’orario, minori garanzie e diritti, incremento di produttività e conseguente aumento dell’intensità del lavoro. Fuori dalla fabbrica, la situazione è ancora peggiore e coinvolge tutti, dal pubblico al privato: il welfare è diventato precario perché precarie sono le persone che ci lavorano. Operatori ed educatori sociali, assunti da cooperative che ottengono appalti giocando al ribasso sui lavoratori e chiedendo loro piena disponibilità in termini di tempo e di dedizione, non possono che offrire servizi precari, così come precari sono i salari di chi sempre più spesso deve comprare questi stessi servizi (dall’asilo alle scuole, dai servizi sociali e sanitari, fino alla cura degli anziani). Anche l’università è diventata una fabbrica della precarietà: studiare costa sempre di più e si ottengono lauree che valgono sempre meno, ma diventano necessarie per accedere a lavori precari con salari sempre più bassi. Iniziare a fare ricerca significa sottoporsi a un lungo apprendistato, nel quale la precarità si mostra nella retribuzione, nelle condizioni di lavoro, nell’impossibilità di progettare il futuro proprio e delle proprie ricerche. Nelle fabbriche della precarietà, la precarietà è istituita, la flessibilità imposta e la povertà è una minaccia sempre presente.

Con questa crisi economica, la precarietà è dunque diventata una condizione globale che investe tutto il mondo del lavoro, isolando e dividendo lavoratori e lavoratrici, italiani e migranti, precari e presunti garantiti. Una condizione che funziona come un ricatto che rende difficili le forme tradizionali di lotta perché impedisce di comunicare, mentre obbliga a una stessa catena di montaggio che produce soltanto altra precarietà. La nostra sfida è perciò quella di far parlare tra loro lavoratrici e lavoratori attraversando le categorie sindacali e superando l’isolamento e le divisioni che servono soltanto ai precarizzatori: solo creando connessioni tra precari, operai, migranti e studenti all’interno delle fabbriche della precarietà è possibile amplificare la voce di ciascuno oltre le barriere contrattuali, di impiego e categoria. Per questo il 10 marzo, invitiamo tutti e tutte a un’assemblea pubblica contro le “fabbriche della precarietà” per aprire un percorso politico, nelle realtà sociali, nelle organizzazioni sindacali e in tutti i luoghi di lavoro, finalizzato alla costruzione dello sciopero precario, uno sciopero di precari, operai, migranti e studenti che sappia dare voce e unire quanti lottano quotidianamente contro la precarietà.

 

Guarda il video di lancio

Intervista ad Anna Rita, Operatrice sociale

“Un’unica cosa dovrebbero capire le persone, anche se non è facile, che in realtà abbiamo un potere enorme. Basterebbe che si fermasse l’80% dei lavoratori,
e si riuscirebbe a bloccare l’Italia e mettere in crisi il paese” Continua leggere

Ricordiamo inoltre che l’appello per l’assemblea Contro le fabbriche della precarietà del 10 marzo è stato aggiornato con nuove adesioni

http://fabbrichedellaprecarieta.wordpress.com 
connessioniprecarie.org

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IMPARARE, DIFENDERSI, ORGANIZZARSI: VERSO UN PRIMO MARZO ON THE MOVE!

Alle ore 9.00 – Move Parade! – Piazza dell’Unità, Bolognina

Dalle 16.30 – Presidio/concerto contro razzismo istituzionale e precarietà – Piazza Nettuno, Bologna

Andiamo avanti. Il primo marzo 2010 e 2011 abbiamo dimostrato che lo sciopero contro la Bossi-Fini è una lotta generale, contro lo sfruttamento e la precarietà. A Bologna e nel resto d’Italia in tante e tanti hanno scioperato insieme contro le divisioni e il silenzio che il razzismo istituzionale impone ai migranti e contro il ricatto del contratto di soggiorno per lavoro. Queste lotte ci hanno insegnato che ogni tentativo di considerare i problemi dei migranti come questione separata dalla condizione generale replica il razzismo istituzionale e rende tutti più deboli, perché la precarietà dei migranti è ciò su cui si è fatto leva per precarizzare tutti gli altri. Senza la lotta contro il razzismo istituzionale non ci possono essere nuovi diritti ma solo nuove gerarchie.
Andiamo avanti, e il prossimo primo marzo scenderemo di nuovo in piazza. Chi si aspetta la ripetizione di un rito si sbaglia: sarà ancora sciopero, in forme nuove per accumulare altra forza.  Saremo con le cosiddette “seconde generazioni”, giovani figli di migranti nati o cresciuti in Italia, che hanno come unico orizzonte di possibilità per il futuro la legge Bossi-Fini e una volta compiuti 18 anni devono andare via dall’Italia se non trovano un lavoro entro sei mesi. Siamo stanchi di chi parla di cittadinanza pensando solo alle condizioni alle quali concederla! Scendiamo in piazza perchè sappiamo che la cittadinanza senza condizioni possiamo prendercela solo lottando contro la precarietà e per il nostro futuro.
Mentre la crisi colpisce duro, i provvedimenti che investono la vita dei migranti, dalla tassa sui permessi al permesso a punti, dall’accordo di integrazione agli effetti della sanatoria-truffa, ancora irrisolti, attaccano la vita di tutti e producono povertà.
Contro le divisioni imposte dalla legge Bossi-Fini, noi migranti e italiani, precari e disoccupati, scendiamo in piazza! 
A chi condiziona il permesso di soggiorno a mille trappole e pensa a nuove sanatorie truffa, a chi non vede che la crisi produce solo nuovo clandestini, noi diciamo: regolarizzazione subito, rinnovo del permesso di soggiorno per tutte e tutti, senza nuove tasse, senza attese, senza inutili intermediari!
A chi pensa che dalla crisi si esca difendendo ciò che c’è o escludendo qualcuno, noi diciamo: lasciateCIE uscire, libertà di movimento contro la precarietà!
Contro coloro che pretendono che la lingua sia solo una condizione per restare, noi diciamo: la lingua è uno strumento di lotta da costruire insieme.
Contro chi fa appello ai diritti come fossero la soluzione, scenderemo in piazza per dire che il diritto alla salute e la difesa legale fanno parte di quella cittadinanza “effettiva” che i nuovi provvedimenti non considerano.
A chi pensa che finisca tutto il primo marzo, noi diciamo: ci rivediamo il 10 marzo! Migranti, operai, precari e studenti contro le fabbriche della precarietà!
A chi racconta la cittadinanza come soluzione e non ha nemmeno il coraggio di rivendicare subito e senza condizioni lo jus soli noi diciamo: cittadinanza ora!
Coordinamento Migranti Bologna e Provincia // Laboratorio OnTheMove // Migranda // Scuola di Italiano con Migranti – Xm24 // Associazione interculturale Al – Sirat // Associazione senegalese Bologna // (s)connessioni precarie // Associazione Universo // Associazione Sokos // USI-AIT
Contatti e adesioni: coo.migra.bo@gmail.com // 327.57.82.056 // 347.06.25.970

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Open Italiano Lingua Seconda. VideoFormazione per insegnanti volontari

È online “Open Italiano Lingua Seconda. VideoFormazione per insegnanti volontari”: http://openitalianol2.integrazioni.it.
Il portale “Open Italiano Lingua Seconda. VideoFormazione per insegnanti volontari” apre su due corsi di video-formazione per insegnanti volontari di italiano come lingua seconda (L2). I due corsi, tenuti in presenza a Bologna nell’ambito del progetto TavolaMigrante, sono resi liberamente accessibili online sottoforma di 44 video. In particolare:

  • Il corso Elementi di base tenuto dalla Dott.ssa Claudia Borghetti introduce i concetti e le metodologie chiave per avvicinare all’insegnamento dell’italiano L2.
  • Il corso intitolato Osservazioni in classe presenta le riflessioni emerse durante una Ricerca-azione condotta dalle Prof.sse Fernanda Minuz e Rosa Pugliese all’interno delle scuole della Rete SIM.

Nel complesso, i video contenuti nel portale sono consultabili in maniera indipendente gli uni dagli altri e, senza pretesa di esaustività, offrono a chi si avvicina all’insegnamento dell’italiano L2 un quadro di riferimento generale da cui partire per approfondire tematiche glottodidattiche specifiche.

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MaryXm e SIM presentano: Carlo Gubitosa su “Il linguaggio come veicolo di razzismo. Perchè le parole sono importanti”

Nell’ambito della decade di Xm24-dieci anni di autogestione

MeryXm e la SIM (Scuola d’italiano CON migranti di Xm24) presentano

incontro con il giornalista Carlo Gubitosa su “il linguaggio come veicolo di razzismo. Perché le parole sono importanti!” e concerto dei JED-BALAK

dalle 20.00
aperitivo con i vini di GustoNudo-Vignaioli Eretici
www.gustonudo.net

Ore 20.30
Incontro con il giornalista Carlo Gubitosa sul linguaggio come veicolo di razzismo. Perché le parole sono importanti!

 

Carlo Gubitosa assieme a Lorenzo Guadagnucci, Beatrice Montini e Zenone Sovilla è fondatore di “Giornalisti contro il razzismo”, che hanno promosso due campagne di sensibilizzazione sul rapporto tra l’informazione e i migranti: “I media rispettino il Popolo Rom” e “Mettiamo al bando la parola Clandestino (e non solo quella)”.
Nel 2009, assieme al vignettista Mauro Biani, fonda il portale www.mamma.am che si propone come punto di riferimento nel panorama italiano della satira. Dal sito www.mamma.am prende vita nel settembre 2009 “Mamma! Se ci leggi è giornalismo, se ci quereli è satira”, una rivista dedicata al Graphic Journalism.

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La SIM XM24 è una scuola autogestita e gratuita, che offre corsi di lingua italiana all’interno della Bolognina, zona con forte presenza di residenti migranti.
La scuola, che organizza lezioni quotidiane e numerose altre iniziative, unisce al percorso linguistico un percorso politico, sia perché si oppone alle leggi razziste dello stato in materia di immigrazione, sia perché concepisce il percorso di apprendimento della lingua come intrinsecamente politico, in quanto strumento di emancipazione e socializzazione all’interno di una realtà escludente. Crediamo che la lingua, in quanto veicolo di espressione e autodefinizione, sia un tassello chiave all’interno del binomio oppressione-liberazione, cosi come lo sono il lavoro o la salute.

dalle 21:00
cena popolare

a seguire:

Concerto dei JED-BALAK
Psichedelic Moroccan’ Roll d’ispirazione gnawa.

 

SCARICA LA LOCANDINA qui e distribuiscila a chi vuoi!!

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Burned identities. Migrazioni in città tra percorsi escludenti e riappropriazioni urbane

Febbraio 2012
Ore 17.30 – 20.30
TPO, Via Casarini 17/5 Bologna

Un ciclo di incontri finalizzato alla realizzazione di una equipe mobile dello Sportello Migranti che possa attraversare i contesti urbani e chi li vive, per cercare insieme gli strumenti di una nuova relazione per la conquista di un diritto alla città tutta che prescinda da status giuridici e nazionalità.

Identità bruciate, corpi nascosti, esistenze negate.
Vite ai margini, costrette ad abitare luoghi dimenticati ed abbandonati, sospese in piazze, giardini e strade perdute.
Nel tempo della crisi la legge sull’immigrazione, i tagli al welfare e il controllo securitario hanno trasformato la città in fabbrica dell’esclusione, riducendo i migranti a corpi datraumatizzare, sfruttare e rinchiudere.
Nella vita dei migranti non accolti e respinti si aprono scenari urbani caratterizzati non più da libertà e autodeteminazione ma da sopravvivenza e necessità.

Un ciclo di incontri finalizzato alla realizzazione di una equipe mobile dello Sportello Migranti che possa attraversare questi contesti urbani e chi li vive, per cercare insieme gli strumenti di una nuova relazione per la conquista di un diritto alla città tutta che prescinda da status giuridici e nazionalità.

Gli incontri sono aperti a studenti, migranti, operatori di associazioni, cittadine-i interessate-i al percorso di realizzazione di un’equipe mobile di prossimità rivolta ai migranti.

Martedì 7 febbraio
Note giuridiche su immigrazione e asilo per orientarsi tra esclusione e diritti
Ivana Stojanova, giurista Sportello Migranti TPO

Martedì 14 febbraio
Identità bruciate e corpi invisibili. Il dialogo frammentato con rifugiati e migranti
Roberto Bertolino, psicologo dell’Associazione Franz Fanon Torino

Martedì 21 febbraio
Accogliere ed includere. Potere, sofferenza e fiducia nel rapporto tra migranti e servizi
Barbara Sorgoni, docente di antropologia culturale Università di Bologna

Mercoledì 29 febbraio
Interventi di prossimità ed educativa di strada, metodi ed esperienze Simona Bruni, formatrice Coop Csapsa Bologna
Cinzia Lenzi, Pedagogista, Educatrice Professionale Coordinatrice Ausl di Bologna

Alla formazione seguirà la costituzione di gruppi di lavoro per le equipe mobili nell’ambito del percorso Plein Air Plein Droit. Per informazioni rivolgersi all’associazione.

La partecipazione è gratuita e richiede l’iscrizione:
Compila la scheda di iscrizione e inviala a yabasta.bologna@gmail.com
Info:
Associazione Ya Basta! Bologna
Via Casarini 17/4 Bologna
Tel 051/6493234

Progetto promosso da
Associazione Ya Basta! Bologna
Associazione Mooladé

In collaborazione con:
Progetto Melting Pot Europa, www.meltingpot.org
Centro sociale TPO, www.tpo.bo.it

Realizzato insieme a VolaBO nell’ambito del Progetto “Plein Air Plein Droit” 2011

 

 ANCHE IN STREAMING su www.globalproject.info

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“Ospite in un mondo straniero”: testimonianze di giovani migranti in attesa di cittadinanza

“Ospite in un mondo straniero”: è così che si sentiva Rachid (30 anni) prima di ottenere, dopo 18 di permanenza in Italia, la cittadinanza italiana: “Ora mi sento come un gabbiano che può volare ovunque, anch’io posso andare, finalmente mi sono liberato della cartaccia chiamata permesso di soggiorno”.

C’è invece chi ancora è alle prese con il permesso di soggiorno, nonostante in Italia si sia costruito una vita e una famiglia: è il caso di Atiqa (26 anni), arrivata in Italia dal Marocco nel 1993,  che attende il riconoscimento della cittadinanza italiana da molti anni, per sé e per i suoi due figli nati in Italia. La voce di Atiqa e la sua storia compongono il primo capitolo di un lavoro di interviste condotto dall’associazione ApriMondo e che Arci Bologna pubblicherà a cadenza settimanale sul suo sito.
L’intento è quello di dare visibilità ai racconti di quei giovani, nati o cresciuti nel nostro paese, che si considerano cittadini italiani ma che per la legge sono ancora stranieri, consapevoli di tramandare questo destino anche ai figli che sono nati in Italia o che vi nasceranno.

Studenti ed ex studenti della scuola d’italiano organizzata da Aprimondo, uomini e donne migranti che hanno frequentato l’associazione si raccontano per far conoscere alla cittadinanza gli ostacoli e le difficoltà che quotidianamente si incontrano “in un mondo straniero”, senza possibilità di scelta, e per chiedere il riconoscimento dei diritti di cittadinanza, così come si propone la campagna “L’Italia sono anch’io”. Fino al mese di marzo, i promotori e i sostenitori della campagna – tra cui Arci e Aprimondo – raccoglieranno le firme necessarie per presentare in Parlamento due proposte di legge, una di riforma dell’attuale normativa sulla cittadinanza, l’altra sul diritto di voto alle elezioni amministrative.
Per garantire a donne e uomini migranti la facoltà di partecipare  a piane titolo alla vita sociale e politica del paese in cui vivono e lavorano; per  rendere l’Italia una comunità più aperta, accogliente e civile.

L’ associazione ApriMondo, che ha sede presso il Centro Poggeschi in via Guerrazzi 14/E a Bologna,  organizza gratuitamente corsi di italiano per migranti adulti, cineforum, incontri tra donne migranti e non, tornei di giochi internazionali, collaborazioni con musei della città ed altro ancora. Come recita la sua Carta d’Identità “si batte da sempre contro ogni forma di razzismo e di discriminazione, restando ben vigile sul territorio, nel contesto cittadino e nazionale. Partecipa alle quotidiane lotte dei migranti e prende posizione contro ogni politica che ne leda i diritti”.

Capitolo 1: “Maggiori diritti per il futuro delle mie figlie”. La storia e le speranze di Atiqa

Capitolo 2: “Il mio futuro è qui in Italia e per averlo bisogna lottare”

Per vedere la galleria fotografica clicca qui.

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Il giornale di Migranda

Le molte storie di Migranda

 Migranda è una rete di donne italiane e migranti provenienti da diverse città che si sono incontrate il 20 febbraio del 2011 per discutere insieme della necessità di una presenza e di una presa di parola dentro il movimento dei migranti che da anni lotta in modo autonomo contro la legge Bossi-Fini. Noi sappiamo che, come tutti i migranti, anche le donne sono colpite dal contratto di soggiorno per lavoro, che le rende ricattabili come lavoratrici, sempre a rischio di diventare «clandestine», di essere rinchiuse nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) ed espulse. Sappiamo anche, però, che la Bossi-Fini colpisce le donne in modo specifico. In primo luogo, le migranti sono considerate «mogli al seguito»: tante hanno un permesso di soggiorno per ricongiungimento famigliare, e la loro permanenza in Italia dipende perciò dai loro mariti. Questo significa che per loro è più difficile fare delle scelte autonome e, nei casi più estremi, liberarsi da condizioni di violenza e soggezione domestica. La storia di S., che parla di sé in questo giornale, ci racconta di un’esperienza forte di determinazione e libertà, del divorzio da un marito violento pur nella condizione difficile di trovarsi da sola con tre bambini a carico. Questa possibilità è passata prima di tutto da un permesso di soggiorno stabile, e dall’esistenza di una serie di servizi – dalla casa all’asilo e alla scuola, dal sostegno economico alle attività formative extrascolastiche per i bambini – che ora non ci sono più perché ormai quel welfare – pubblico e gratuito – sembra destinato esclusivamente a chi è sull’orlo della povertà. Rivendicare un permesso di soggiorno slegato dal lavoro e dal permesso del «capofamiglia», e rivendicare servizi pubblici e accessibili, perciò, non ha a che fare con l’assistenzialismo, con l’idea che le donne siano soggetti passivi da proteggere e sostenere, ma con il riconoscimento che una condizione giuridica autonoma e l’accesso ai servizi aprono spazi e rendono possibili i progetti di libertà delle donneContinua a leggere…


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